Di seguito pubblico il testo del libro "Risposta al Prof. Cacciari" di un autore che per la privacy non nomino. Cliccare "Segue"
Prefazione
Questa è la risposta di un cittadino del Lido all'articolo-intervista al Sindaco di Venezia Prof. Massimo Cacciari pubblicato su “Il Gazzettino” in data 3 ottobre 2009 dal titolo:
Il Gazzettino - Fatti molti interventi, è un'isola di ingrati.
Positivi gli investimenti dei privati, il Lido un'isola di ingrati che abbiamo coperto d'oro. Mi domando se qualcuno di quelli che oggi si mobilitano per salvare il forte abbia visto le condizioni degrado in cui versa attualmente. Ci sono sterpi, rovi, le pantegane che corrono: e meno male che si trovano privati disposti ad investire. Certe critiche sono davvero fuoii di senno, non capisco cosa vogliono al Lido. I privati ìnvestono, con spirito imprenditoriale, ma riqualificano anche pezzi di territorio, dalle piazze alla nuova viabilità, che poi rimangono a beneficio della collettività. E un ragionamento di una semplicità disarmante, ma al Lido si sa solo criticare. Basta, è ora di finirla con le critiche, bisogna essere positivi e costruttivi, altrimenti quest'isola affonderà nelle sue critiche, vittima di se stessa. Ben vengano, presto verrà sistemato anche il Blue Moon, con fondi privati, sono state migliorate le spiagge, con gli accessi al mare il Gran Viale diventerà bellissimo. I mecenati, che investono a fondo perduto, non ci sono più . Le risorse pubbliche non bastano, per cui ci vogliono tante di iniziative come questa che stiamo portando avanti. Progetti che, sempre in un'ottica di sostenibilità ambientale, rilancino il Lido permettendo agli imprenditori di lavorare, er riqualificando pezzi di territorio. E c'è ancora la gente che protesta. E' una cosa totalmente fuori di senno. Non capisco ad esempio per il Palazzo del Cinema cosa vogliono sanno solo criticare. Un'opera che tutte le parti d'Italia, vorrebbero avere, che dovrebbe essere motivo d'orgoglio per la città, e invece la gente si lega per non abbattere gli alberi, dove tanti si davano i bacetti. Gridano allo scandalo, quando, pochi metri più in là impiantiamo più alberi di quelli che c'erano prima. I lidensi la smettano di criticare e scelgano, una volta per tutti, da che parte stare.
Risposta
Nel leggere l’intervista, rilasciata al Vostro giornale, dal Sindaco, Prof. Cacciari, nella quale gli abitanti del Lido, genericamente considerati, vengono tacciati di ingratitudine e di essere “fuori di senno“ per l’opposizione, peraltro manifestata sempre molto civilmente, rispetto alle diverse iniziative assunte per il Lido dalla Giunta (edificazione del nuovo Palacinema, eventuale riqualificazione dell’area pubblica, sottoposta per legge a vincoli paesaggistici , del “Forte “ di Malamocco, ed altre numerose ancora, caratterizzate, sempre, da notevole impatto ambientale), talvolta in collaborazione con altre autorità pubbliche, ma, ancor più’ spesso, affidandosi all’intervento privato, non si poteva non provare un iniziale sentimento di irritazione, visto, l’ ormai insopportabile, e purtroppo consueto, tono infastidito, saccente e sprezzante usato dal Professore .
Successivamente, ad un più attento esame del merito delle dichiarazioni del Sindaco, non poteva non subentrare un sentimento di autentica compassione verso l’uomo e l’intellettuale. Compassione perché l’uomo, l’intellettuale si rivela, ancora una volta, pienamente partecipe del dramma che investe tutti quegli uomini di cultura che, nella loro esperienza politica, abbiano avuto un passato di più o meno intensa partecipazione a quello che fu il PCI : il dramma di chi, essendo stato dalla parte sbagliata della Storia, e poi, prendendo atto di quelle che il filosofo della politica Norberto Bobbio chiamava “le dure repliche della Storia“, per tutto il resto della propria vita intellettuale e politica, si è trovato costretto a rincorrere affannosamente l’evoluzione dello scenario storico, restando in un ineluttabile ritardo rispetto alla sua dinamica . Viene in mente, in proposito, il paradosso, descritto dal filosofo presocratico greco Zenone, del corridore che rincorre la tartaruga senza mai riuscire a raggiungerla. Infatti molti di quegli intellettuali, dopo che il PCI aveva faticosamente ed inutilmente cercato di elaborare, peraltro sempre rimanendo all’interno dell’esperienza comunista, “terze vie“, che permettessero di coniugare la specificità dell’esperienza del comunismo italiano con i principi politici delle liberaldemocrazie di riconoscimento e tutela dei diritti individuali, civili e politici di libertà, senza, però, mai arrivare ad una “Bad Godesberg“, ossia, come, avvenuto per l’ SPD tedesca, ad una piena sconfessione dei fondamenti ideologici del comunismo prendendo definitivamente atto che l’unica alternativa al liberalcapitalismo non poteva che essere l’esperienza socialdemocratica, labourista o liberalsocialista, furono costretti, appunto dalle “dure repliche della Storia“, a riconoscere che “ tertium non datur”, ed ad approdare alla ”riva“ della socialdemocrazia. Tutto ciò , però in una fase, fine anni ottanta primi anni novanta, in cui il modello socialdemocratico entrava in profonda crisi, essendo entrata in profonda crisi la sua principale “ creatura “: il sistema di “ Welfare State“. Sistema messo in crisi, da un lato dai processi di globalizzazione dell’economia, che costringevano gli Stati europei con elevati sistemi di Welfare a confrontarsi nella competizione globale con economie emergenti caratterizzate da sistemi di Welfare bassi od inesistenti e, dall’altro lato, dalle rivoluzioni neo–liberiste iniziate in Gran Bretagna e negli Usa nei primi anni ottanta, conosciute come Tatcherismo e Reaganismo. Tali rivoluzioni evidenziavano la degenerazione dei sistemi di Welfare, trasformatisi, da sistemi di migliore e più equa distribuzione della ricchezza a favore degli individui e dei gruppi sociali più deboli e disagiati, in sistemi generatori di deficit e debiti pubblici e quindi di distruzione della ricchezza attraverso livelli eccessivi di spesa pubblica, che la tassazione, pur aumentando abnormemente, non riusciva a coprire, favorendo la formazione di burocrazie vessatorie nei confronti della libertà degli individui e delle loro diverse forme di articolazione associativa, nonché in sistemi di tutela di posizioni che , lungi dall’essere di debolezza o di bisogno, erano invece di privilegio parassitario, lasciando, invece , prive di tutela le prime . Le logiche della dottrina neo-liberista, semplificando veramente molto, si potevano riassumere nei seguenti assiomi: “Lo Stato è sempre il problema mentre il Mercato è sempre la soluzione, il Mercato deve essere lasciato il più’ possibile senza regole, vincoli e controlli visto che “una mano invisibile“ avrebbe comunque consentito di trovare, pur nella competizione selvaggia tra gli “animal spirits“ , un equilibrio comunque vantaggioso per l’ interesse generale “I sistemi di Welfare, e le burocrazie vessatorie da essi generate , debbono essere smantellati, affidandone i compiti alla iniziativa dei privati“ “Conseguentemente allo smantellamento dei sistemi di assistenza previdenza, istruzione e sanità pubblici, spesa pubblica e tassazione debbono essere ridotte ai minimi termini “ .
Questa dottrina ha avuto una grande capacità propulsiva ed innovativa del pensiero politico ed economico, influenzando, inevitabilmente, anche le sinistra europee, principalmente quelle di matrice labourista (si pensi al Labour di Tony Blair ) o socialdemocratica ( si pensi alla SPD di Schroeder). Sinistre che, naturalmente non sposando appieno la dottrina neo liberista, cercarono di assorbirne alcuni principi elaborando nuove forme di Welfare, meno estese, burocraticamente pesanti e quindi meno costose, caratterizzate da una maggior responsabilizzazione degli individui e dalla valorizzazione dei corpi intermedi tra lo Stato e l’individuo .
Ciò avvenne anche in Italia, coinvolgendo anche la parte più’ moderna ed avveduta della sinistra post–comunista, compresi quegli intellettuali di cui stiamo esaminando l’affannoso peregrinare. Intellettuali che, essendo approdati ad una visione liberale e liberista, rispetto alla quale si arrivò pesino a teorizzare “la fine della Storia“ , titolo di un fortunato saggio di Francis Fukuyama dei primi anni novanta, credevano di aver concluso la loro affannosa rincorsa alla Storia e di essersi, quindi, liberati,una volta per tutte, della ” maledizione “ del paradosso di Zenone .
Ancora una volta, però, l’imprevedibilità dello scorrere storico si è divertita a spiazzare molti di loro, tra cui, certamente, considerate le dichiarazioni contenute nella Sua recente intervista, anche l’ ottimo Professor Cacciari .
Infatti Il 2008, con lo scoppiare della grande crisi della “turbo finanza globale“, ha segnato la fine di un‘era, di una fase storica : quella cominciata agli inizio degli anni ottanta del c.d. “neo liberismo assoluto e della deregulation selvaggia“. Il sistema della “turbofinanza “ si è fondato sull’ uso smodato, sconsiderato della leva finanziaria e degli strumenti derivati, uso avvenuto in un contesto in cui la finanza era divenuta non più’ una parte del sistema economico, con la funzione di raccogliere capitali e di far affluire credito e liquidità al sistema produttivo delle imprese e del lavoro ed alle famiglie, ma un sistema a sé stante, autonomo ed astratto dall’ economia reale, la cui funzione era eminentemente degenerata in quella di creare ricchezza finanziaria di “carta” attraverso altra ricchezza finanziaria “ di carta “ . Ciò consentiva la possibilità di realizzare enormi guadagni in tempi brevissimi , oltre naturalmente , che per gli azionisti , anche e soprattutto per il top management, attraverso il sistema perverso dei “bonus“. Nascita e sviluppo di un tale sistema sono stati resi possibili dal brodo di coltura del neoliberismo assoluto e della deregulation selvaggia. I mercati finanziari lasciati, di fatto, in una condizione di anomia (ossia di assenza di regole), con controlli solo formali ed esercitati da controllori in regime di conflitto di interessi con i controllati, ben lungi dal trovare l’equilibrio attraverso la famosa “mano invisibile “ evocata dagli idolatri del mercato, si sono a tal punto squilibrati da giungere ad un passo dalla paralisi e dall’implosione, da cui sono stati tratti in salvo solo grazie all’intervento degli Stati sovrani. I quali, per salvare il sistema finanziario e per sostenere e rilanciare l’ economia reale , hanno fatto e stanno facendo spesa pubblica e quindi debito pubblico, con le conseguenza che il costo della crisi sarà, in definitiva, pagato, oltre dalla worker class, dai tax payers (ossia i contribuenti) e dalle generazioni future .
D’altra parte a queste politiche di stampo “neo keynesiano“, attuate in tutto il mondo sviluppato a cominciare dagli USA dell’amministrazione Obama , non c’erano alternative, pena il collasso del sistema capitalistico .
Finita l’era del liberismo assoluto, dell’idolatria del mercato, sia a seguito della sua degenerazione in capitalismo finanziario senza più alcuna connessione con l’economia reale, sia a seguito degli squilibri e degli inconvenienti provocati da una globalizzazione dell’economia, avvenuta, anch’ essa, seza regole, senza governo ed in tempi troppo veloci, una nuova era è cominciata . Di essa si fa ancora molta fatica ad individuare, con precisione, i caratteri salienti. Al momento due di questi caratteri, sembrano, peraltro, delinearsi con sufficiente chiarezza: 1^ una rivalutazione del ruolo dello Stato e del potere pubblico nella sua funzione regolatoria rispetto al mercato (fine dell’ anomia del mercato e del c.d. “mercatismo” e riappropriazione del primato della politica sul “pensiero unico economico“) – 2^ fine della concezioni puramente economicistiche, per cui la pura e semplice crescita del P.I.L., senza tenere conto dei costi sociali ed ambientali di tale crescita , costituisce l’unico parametro di riferimento per valutare lo stato di benessere di una società. Già nelle settimane passate, si è aperto un dibattito, tra importanti economisti, sulla necessità di non considerare la crescita del PIL come un dogma cui sottomettere ogni altro aspetto della vita umana, elaborando un nuovo concetto di Pil, che comprenda anche e soprattutto la considerazione dell’impatto sociale ed ambientale della crescita
Ebbene, rispetto a questa recentissima ulteriore evoluzione dello scenario Storico, economico e politico, il Professor Cacciari appare, per l’ennesima volta, colpito dal paradosso di Zenone, e quindi costretto, pateticamente, ad essere in affannoso ritardo su una realtà storica che, ineluttabilmente, gli sfugge.
Con le Sue dichiarazioni, che evidenziano lo zelo, non si capisce se più patetico o ridicolo, del neofita o dell’adepto tardivo, si dimostra ancora pienamente calato nelle logiche del “mercatismo “e dell‘ ‘”economicismo“. Logiche, che ai Suoi occhi di intellettuale, reso poco lucido da una perenne rincorsa alla Storia, che sempre gli sfugge, paiono come le migliori, anzi le uniche, possibili e praticabili .
Lo fa, da un lato, dichiarandosi, al fine della riqualificazione di aree pubbliche ubicate nel territorio del Lido, assolutamente favorevole all’intervento dei privati, sempre e comunque (ormai vecchia logica “ mercatista “), e, dall’altro lato, sostenendo , con una sicumera che sfiora l’ottusità, la realizzazione di opere ed infrastrutture sullo stesso territorio, mostrando una preoccupazione solo marginale e residuale per l’impatto ambientale che esse comportano, ritenendole volano assolutamente indispensabile per la crescita economica dell’area (ormai vecchia logica “ economicista“ .
Ora, per non correre il rischio di passare dall’integralismo “ mercatista“ ad un altro opposto, va riconosciuto che l’intervento privato può essere UNA delle soluzioni possibili per riqualificare aree pubbliche che versino in cattivo stato, ma non è certamente l’UNICA soluzione a disposizione, da attuare ciecamente. Proprio questo, invece, rappresenta un integralismo superato dal nuovo scenario venutosi a creare e che il Sindaco proprio non riesce a cogliere .
In particolare l’intervento privato dovrebbe essere attuato dalle Pubbliche amministrazioni, ed in particolare da un’amministrazione comunale che, per definizione, dovrebbe essere la più’ vicina alla sottostante comunità locale solo in via eccezionale, e dopo attenta verifica sulla coincidenza, od almeno convergenza, tra l’interesse pubblico di cui l’amministrazione è portatrice, e l’interesse del privato. Ciò perché, “visto che i mecenati non esistono più’ “ , come afferma il Sindaco, il privato persegue, e legittimamente dal suo punto di vista, lo scopo di realizzare dal suo intervento un profitto elusivamente, appunto, privato. Con più particolare riferimento all ‘ipotesi di affidamento da parte di amministrazioni pubbliche a privati della riqualificazione di aree pubbliche, una tale convergenza interesse pubblico – privato non sussiste, sempre e comunque, nei casi in cui al privato viene offerta dall’amministrazione, come contropartita per il suo intervento di riqualifica, il cambio di destinazione d’uso dell’area pubblica stessa : da pubblica a privata, o in regime di concessione o in regime di convenzione privata in forma di locazione o comodato. Infatti, in tal caso, l’ area, passando da una destinazione d’uso pubblica ad una privata, viene di fatto preclusa ad una fruizione pubblica, cioè da parte della generalità dei cittadini e riservata alla fruizione decisa dal privato, secondo il proprio interesse particolare. Quindi affidare a privati la riqualificazione di un’area pubblica offrendogli il cambio di destinazione dell’ area, consentendogli in tal modo il perseguimento di un suo vantaggio economico particolare, è ammissibile e quindi possibile quando si tratti di un tratto di arenile o di spiaggia, molto meno ammissibile e quindi possibile quando si tratti di un’area di verde, ed, infine, assolutamente inammissibile e quindi da evitare quando si tratti di area , come quella del “Forte di Malamocco “ , sottoposta , per legge, a vincolo monumentale o paesaggistico- Inoltre, l’intervento del privato, dovrebbe, per gli amministratori pubblici, rivestire carattere di eccezionalità, anche per una motivazione più prosaica e di ordine eminentemente pratico. Infatti l’affidarsi troppo frequente, da parte di amministratori pubblici, specialmente di enti locali, ad imprese private per la soluzione di problemi di rilevanza pubblica, importa “innuce“ (potenzialmente) il rischio che tra amministratori e rappresentanti di imprese si possano instaurare rapporti organici, che possono travalicare l’aspetto puramente amministrativo, e sconfinare in vere e proprie relazioni personali, con il conseguente rischio di vedere gli uni e gli altri partecipi di un unico “ comitato di affari “, che trasformi gli amministratori in curatori di interessi di questa o quella impresa privata, anziché della generalità dei cittadini, da essi governati .
Fenomeno, questo, che negli ultimi tempi, si è riscontrato più volte in diverse amministrazioni locali, sia di destra che di sinistra, sparse in diverse parti d’Italia .
Per quanto più’ specificatamente concerne la vicenda dell’area pubblica del “Forte di Malamocco “ per la quale il Sindaco, abbagliato dal Suo patetico ed ormai superato mercatismo, per cui l’intervento del privato a fini riqualificatori è sempre e comunque auspicabile come miglior, anzi unica, soluzione possibile, si può osservare quanto segue: ( prescindendo dalla questione, di ordine puramente giuridico–formale, se un’ordinanza governativa - ossia quella che conferisce al commissario governativo nuove deleghe e più ampi poteri sul territorio del Lido per la più rapida realizzazione possibile del nuovo Palacinema attraverso la vendita dell‘area dell’ ex ospedale al mare e per altro ancora - possa superare un vincolo paesaggistico–monumentale stabilito per legge (come quello stabilito per l’ area del “Forte di Malamocco“ dalla Legge Galasso). Gli ampi poteri del Commissario Spaziante dovrebbero riguardare esclusivamente la realizzazione di opere ed infrastrutture pubbliche e non anche il consentire ad imprese private (anzi ad una ben nota impresa privata: la “Est Capital“) di realizzare strutture private da utilizzare a fini elusivamente privati , fruendo, però, del privilegio di un iter burocratico notevolmente più’ rapido ed agevolato rispetto a quelli ordinari, in quanto collegato ai poteri commissariali . Ora, è vero che la “Est Capital“ riqualificherebbe l’ area , attualmente in stato di degrado, ma ciò farebbe per edificarvi un residence con annesso di piscina, centro fitness e discoteca bar, cosi’ sottraendo l’area ed i beni monumentali ivi situati ad una fruizione pubblica e destinandoli ad una fruizione puramente privata in quanto riservata agli utenti a pagamento delle strutture realizzate dalla ”Est Capital“. Di Grazia, oltre agli evidenti interessi privati della Est Capital e dei suoi azionisti, è in grado il Professor Cacciari, Lui si ormai fuori di senno e non i cittadini del Lido, come da Lui sgradevolmente asserito, di spiegare agli stessi quali sarebbero per loro le ricadute positive dalla realizzazione un simile progetto ?
Non sarebbe stato più’ coerente per un’Amministrazione, peraltro sedicente progressista, come quella del Comune di Venezia, provvedere essa stessa alla impugnativa dinanzi al TAR della ordinanza governativa conferitiva di poteri speciali al commissario Spaziante, rispetto all’uso improprio dallo stesso posto in essere in quanto volto a favorire una singola impresa privata, anziché lasciare, per l’ennesima volta, che a tutelare legittimi interessi pubblici fossero singoli cittadini ed associazioni di buona volontà, chiamati, per l’ ennesima volta, a supplire al colpevole vuoto di iniziative degli amministratori locali che, come sempre, brillano per latitanza? O, forse, si deve pensare che le relazioni dei soggetti pubblici, variamente coinvolti nella vicenda del Forte, con quella nota impresa e con i suoi rappresentanti, siano diventati troppo frequenti, dando atto a quei fenomeni degenerativi, cui si accennava in precedenza ?
Più volte nella nota intervista, da cui trae spunto questo intervento, il Professor Cacciari si domandava di non riuscire a capire che cosa volessero i cittadini del Lido, pur “essendo stati coperti d’oro“ dalla Sua amministrazione, e pur avendo il privilegio di veder edificato sul loro territorio un Palazzo del Cinema “che qualsiasi altra città italiana vorrebbe avere “ .
A titolo puramente personale, e senza pretendere di farmi interprete dell’intera comunità Lidense, peraltro molto variamente articolata, alla domanda retorica del Sindaco potrebbe essere data questa risposta: SI VORREBBE UN‘ AMMINISTAZIONE COMUNALE, appena normale, più attenta ad ascoltare la voce ed i bisogni delle comunità residenti nel territorio nelle loro varie articolazioni, piuttosto che attenta ad intrecciare relazioni troppo strette con imprese private ed a venire incontro ai loro interessi particolari, spesso lontanissimi da quelli dei cittadini residenti - UN’AMMINISTRAZIONE più pronta ad mettersi di traverso rispetto all’operato ed agli atti di commissari paracadutati dal Governo centrale, se tale operato e tali atti sono espressione di poteri esercitati impropriamente rispetto ai fini per i quali sono stati conferiti, a vantaggio di pochi privati ed a danno dell’intera comunità - UN’AMMINISTRAZIONE più attenta ai problemi di impatto ambientale, di inquinamento atmosferico e di rilevanti conseguenze sullo stato delle strade del Lido causati dallo sviluppo abnorme, verificatosi soprattutto negli ultimi anni, del traffico automobilistico e particolarmente di quello pesante, che ha trasformato, principalmente nei mesi estivi, quelle strade in arterie di transito verso i cantieri di Pellestrina o verso i numerosi cantieri edili aperti al Lido per la realizzazione di grandi opere pubbliche o di edifici privati, rendendo le arterie del Lido , per densità di traffico e livello di inquinamento dell’ aria, molto simili alla Romea o alla tangenziale di Mestre ante passante nei momenti di punta - UN’ AMMINISTRAZIONE , infine, che cominciasse ad avere qualche perplessità sul processo di intensa cementificazione del Lido, in atto dagli Alberoni a Malamocco all’area delle ex “ terre perse “ , e che si interrogasse sul fatto se non fosse il caso di porre un termine ad esso, anziché consentire, senza battere ciglio, che si passi a cementificare pesantemente anche il centro, magari con l’ edificazione di orribili centri commerciali. Ma, soprattutto, si vorrebbe UN SINDACO meno borioso, astratto, insulsamente vanitoso, e come tale, protagonista seriale di talk show televisivi, nel corso dei quali è impegnato a discettare sull’“universo mondo“, molto spesso affermando delle assolute banalità, pronunciate, però , col tono ispirato dell‘illuminato, unico depositario , purtroppo incompreso, della verità. Un SINDACO che riuscisse a rendersi conto che, concedere un grande teatro pubblico , di assoluto prestigio mondiale, come “La Fenice“, per lo svolgimento di una festa esclusivamente privata, sia pure in onore del figlio e della nuora del mecenate Pinault , cui senza dubbio la città di Venezia tanto deve per la Sua opera di mecenatismo culturale ed artistico, non è un modo consono per esprimere la gratitudine della città, ma significa soltanto avere le idee un po’ confuse sulla fondamentale distinzione tra sfera e luoghi pubblici e sfera e luoghi privati, che dovrebbe costituire l’abc per ogni uomo politico, ma che evidentemente il professore non riesce a cogliere, violando, o meglio profanando, la sacralità pubblica del luogo, deputato esclusivamente allo svolgimento di cerimonie pubbliche, dando, cosi’, luogo ad una sorta di umiliante “prostituzione “ della città, con l’avallo degli amministratori pubblici .
Per terminare, il giorno in cui il Professor Cacciari deciderà di concludere la Sua lunga carriera politica durata oltre quaranta anni, che lo ha portato ad attraversare le più diverse fasi dell’evolversi della Storia, senza, peraltro, riuscire mai ad essere in sintonia con quello che la cultura tedesca definisce lo “ Zeitgeist “ (ossia lo spirito del tempo), annaspando in una progressiva perdita di capacità e lucidità di analisi, sarà sempre un minuto troppo tardi. (Stendo un velo pietoso sulla confusa rincorsa al territorialismo localista, identitario e securitario con chiara inclinazione xenofoba della Lega, posta in essere dal Sindaco, sia con la strampalata proposta di costituire un Partito Democratico del Nord a struttura federalista e sia con la richiesta di maggiori poteri in materia di ordine pubblico ai Sindaci del nord ,compreso sé stesso, in una patetica imitazione dei sindaci–sceriffo della Lega. Il Sindaco dimentica che, come ha di recente ricordato il Presidente della camera, da sempre l’originale è meglio e più credibile della copia, e che le risposte progressiste alla claustrofobica ed angusta chiusura prospettata dal territorialismo identitario e xenofobo della Lega, dovrebbero avere una connotazione originale, caratterizzata da profondità e lunghezza di veduta, considerando la questione non solo e non tanto come una pura questione di insicurezza degli “ indigeni “ e di risposte sul piano dell’ordine pubblico, ma anche e soprattutto come una questione di integrazione ai valori fondanti della democrazia italiana, sanciti nella Costituzione Repubblicana, da risolvere sul piano della legalità Repubblicana e, quindi, non tanto sul piano delle restrizioni ma su quello, più civile, dell’acquisizione da parte dei migranti di una consapevolezza di doveri e diritti sanciti dall’ordinamento Costituzionale. Il solo pensiero di un Sindaco, con autentico senso dello Stato ed attento al bisogno di sicurezza avanzato dai propri cittadini, dovrebbe essere quello di richiedere il maggior sforzo possibile dei i corpi dello Stato istituzionalmente preposti alla garanzia dell’ordine e della sicurezza pubblici, che certamente sanno fare il loro mestiere meglio dei Sindaci sceriffi o di sgangherate “ronde” di sedicenti “volontari per la sicurezza”. Che il Sindaco si sia ormai ridotto ad inseguire Il “trogloditismo“ della Lega, senza essere ormai più capace di elaborare proposte originali, e di spessore autenticamente progressista, oltre ad essere motivo di sincera tristezza per come sia ridotta la classe dirigente dello stesso schieramento progressista, induce severe considerazioni sullo stato di confusione in cui ormai versa l’ intellettuale.)
Per rimediare ai danni provocati dagli intellettuali e dai dirigenti della generazione, in qualche modo sopravvissuta all‘esperienza del PCI e poi trasmigrata, con lo smarrimento conseguente alla consapevolezza del fallimento storico del quadro ideologico di riferimento di quell’esperienza, nelle diverse formazioni che nel dopo caduta del muro di Berlino hanno preso vita nel polo progressista, serviranno, temo, anni e grande fatica e dedizione da parte delle generazioni più giovani che, senza il gravame di quel fallimento, non saranno costrette a rincorre la storia scimmiottando, pateticamente, orientamenti e politiche altrui .
Intanto sulla città si staglia minacciosa l’“imponente“ ombra dell’inquietante attuale Ministro della Funzione Pubblica, forse ultima eredità velenosa lasciata ai cittadini veneziani di buona volontà dalla pessima Amministrazione Cacciari .
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